Di solito i luoghi scelti per un’analisi presentano qualche ragione intuitiva di interesse, una densità semantica che si impone e che chiede di essere descritta/spiegata attraverso la frequentazione e l’elaborazione di una sintesi concettuale. Nel caso di questo lungo viale romano, via Togliatti, il motivo di attrazione sta anzitutto nel nome, e cioè nella de- dica a uno storico dirigente del Partito Comunista Italiano cui è legata l’evocazione di un momento fondamentale dell’Italia del dopoguerra. Un altro tratto che si impone, questa volta alla vista, è rappresentato da una piantata di pini marittimi, divenuti alberi storici, lunga quasi dieci chilometri: un paesaggio “romano” davvero di impatto, che da Ponte Mammolo conduce lo sguardo sino agli archi dell’Acquedotto Alessandrino. Ma in questo caso “scendere in strada” e studiare i vari aspetti della sua vita diurna e notturna si rivela un’esperienza largamente disforica. Ne esce così l’articolato rapporto su una incompiutezza a più livelli che si traduce in incuria, inefficienza e illegalità, alle quali gli abitanti disillusi si adattano il più delle volte volgendo le spalle. E contemporaneamente emerge il senso urgente di una vasta impresa di rigenerazione e riscatto, che possa fare di questo vasto spazio un luogo “pieno”: vis- suto, identitario, attrattivo ed esemplare nel senso migliore.
Via Palmiro Togliatti a Roma, ovvero una strada che non è una strada / Pezzini, Isabella. - (2019), pp. 1-14. - QUADERNI DI ETNOSEMIOTICA.
Via Palmiro Togliatti a Roma, ovvero una strada che non è una strada
ISABELLA PEZZINI
2019
Abstract
Di solito i luoghi scelti per un’analisi presentano qualche ragione intuitiva di interesse, una densità semantica che si impone e che chiede di essere descritta/spiegata attraverso la frequentazione e l’elaborazione di una sintesi concettuale. Nel caso di questo lungo viale romano, via Togliatti, il motivo di attrazione sta anzitutto nel nome, e cioè nella de- dica a uno storico dirigente del Partito Comunista Italiano cui è legata l’evocazione di un momento fondamentale dell’Italia del dopoguerra. Un altro tratto che si impone, questa volta alla vista, è rappresentato da una piantata di pini marittimi, divenuti alberi storici, lunga quasi dieci chilometri: un paesaggio “romano” davvero di impatto, che da Ponte Mammolo conduce lo sguardo sino agli archi dell’Acquedotto Alessandrino. Ma in questo caso “scendere in strada” e studiare i vari aspetti della sua vita diurna e notturna si rivela un’esperienza largamente disforica. Ne esce così l’articolato rapporto su una incompiutezza a più livelli che si traduce in incuria, inefficienza e illegalità, alle quali gli abitanti disillusi si adattano il più delle volte volgendo le spalle. E contemporaneamente emerge il senso urgente di una vasta impresa di rigenerazione e riscatto, che possa fare di questo vasto spazio un luogo “pieno”: vis- suto, identitario, attrattivo ed esemplare nel senso migliore.File | Dimensione | Formato | |
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